La creazione di sistemi operativi virtuali con Ubuntu è a portata di tutti.
Infatti la distribuzione si prende in carico di compilare ed aggiornare tutti i moduli kernel e i programmi necessari per virtualizzare, per esempio, con Oracle VirtualBox, sia OSE, Open Source Edition, che nella versione a sorgente chiusa ma comunque free.
Inizialmente si può utilizzare Ubuntu Desktop per avere il desktop grafico pronto all’uso. Ricordiamo di rimuovere il network-manager in caso di utilizzi tipo “server”.
Utilizzando per esempio l’installatore di pacchetti Synaptic, sempre con i privilegi di root, ovvero premere simultaneamente i tasti Control ALt T per aprire un terminale, digitare sudo synaptic, cercando virtualbox si trovano le due sequenze: virtualbox, che è la versione a sorgenti chiuse, e virtualbox-ose che è quella open source edition.
In alternativa, dalla finestra terminale, digitare convermando sudo apt-get install virtualbox.
Se si utilizza Ubuntu Server allora conviene l’installazione “senza grafica”, ovvero headless, utilizzare un harware adeguato, possibilmente con doppio disco in RAID 1, e prevedere ampio spazio disco libero per il grande impegno in termini di spazio degli snapshot. Converrebbe allocare staticamente lo spazio disco per evitare la frammentazione.
Il sistema Ubuntu, preferibilmente LTS, può essere aggiornato, mediante la squenza apt-get update e apt-get upgrade, senza inficiare il funzionamento dei dispositivi virtuali. Ma nei sistemi in produzione suggeriamo di non applicare aggiornamenti, salvo in casi di reali necessità. In questo caso provvedere a realizzare un’esportazione. Ricordiamo di muovere alcune esportazioni in memorie esterne, per esempio dischi tradizioneli capaci in contenitori USB3.
In epoca di crisi la soluzione precedente abbatte i costi di soluzioni di virtualizzazione commerciali.